❖ Biografia
Steven Allan Spielberg nacque a Cincinnati, in Ohio, il 18 Dicembre del 1946, da Arnold Spielberg (1917-2020) e Leah Adler (1920-2017), entrambi di origine ebraica; suo padre era un ingegnere elettronico, mentre sua madre una pianista concertista.
La sua passione per il cinema si manifestò sin dall'infanzia, quando "dirigeva" i familiari in cortometraggi realizzati con una 8 mm. Fondamentale la visione, nel 1952, del film Il più grande spettacolo del mondo. All'età di 7 anni cominciò a girare film amatoriali d'avventura in 8 mm, utilizzando come attori i suoi amici e compagni di scuola.
«Avevo paura di andare a scuola, di tornare a casa da solo e di incontrare nuovi coetanei, perché temevo che seguissero le teste calde che mi disprezzavano e passandomi accanto gridavano "sporco ebreo".»
Le lunghe assenze del padre furono inoltre causa di profondo dolore e amarezza nel giovane Spielberg; l'assenza paterna e le difficoltà nelle relazioni tra adulto e bambino e tra genitori e figli diventeranno in seguito temi ricorrenti in molti suoi film.
All'età di 11 anni girò il suo primo cortometraggio amatoriale, The Last Train Wreck, nel 1957, dove due treni giocattolo si scontrano e poi The Last Gun (1959), un western amatoriale della durata di 8 minuti di cui è anche interprete; all'età di 14 anni realizzò Escape to Nowhere (1961), un cortometraggio di guerra di 40 minuti; sempre dello stesso anno è Battle Squad, realizzato presso l'aeroporto di Phoenix, dove simulava il volo di aerei supersonici; del 1964 è il lungometraggio Firelight, un'epopea fantascientifica di 140 minuti, basata sulla storia di un attacco di UFO, scritta dalla sorella Nancy.
Il film venne proiettato in un cinema appositamente affittato dal padre.
❖ "Ho fatto Incontri ravvicinati perchè credevo negli UFO"
Avevo cominciato a scrivere Incontri ravvicinati prima di "Lo squalo", per cui quest'ultimo uscì dopo che avevo iniziato a lavorare su come raccontare una storia sugli UFO e il Watergate e come mettere insieme i due argomenti.
Certo, prima del Watergate la mia idea era che il fenomeno UFO e il Watergate fossero, nell'America contemporanea, il frutto di una cospirazione del governo e che il fenomeno UFO ne fosse l'emblema.
Questo succedeva. E succedeva durante la lavorazione di Lo squalo.
Per un certo verso non pensavo che fosse fantascienza.
Non volevo affibbiargli quell'etichetta; più che di fantascienza, ne parlavo in termini di speculazione scientifica! Perché avevo la profonda convinzione che qualcuno ci aveva visitati e in questo secolo. Negli anni Settanta ero un fan degli UFO e tutto quello che leggevo al riguardo non faceva che confermarmi nel mio convincimento.
Per me era scienza. Oggi ho rivisto la mia opinione.
Col passare degli anni ho cominciato a chiedermi:
ma con tutte le videocamere in funzione nel mondo, come mai gli avvistamenti di UFO sono diminuiti?
Prima dell'avvento delle fotocamere, gli avvistamenti erano numerosissimi, ecco perché oggi sono un po' più scettico di quanto lo fossi negli anni Settanta, quando feci il film.
Ma allora ci credevo fermamente e il mio fu un lavoro di ricerca, lettura di libri sull'argomento e finalmente l'incontro con la persona decisiva.
Quando dico "persona decisiva" mi riferisco a colui che non ha scritto con me la sceneggiatura, ma ha ispirato il titolo, il Dr. J. Allen Hynek, che aveva fatto da consulente civile per le forze armate indagando a tutto campo su tutte le storie di UFO e trovando spiegazioni astronomiche, naturali e logiche per quello che la gente percepiva come straordinario o extraterrestre.
Aveva ricondotto ogni cosa a un livello terrestre, finendo per trovare inspiegabili non più del 10% di avvistamenti. Ma proprio quel 10% inspiegabile si rivelò dirompente, al punto da indurlo a dare le dimissioni per proseguire le indagini e scrivere molto sul fenomeno UFO.
Avevo letto il suo libro e lo chiamai ed è a lui che devo il titolo del film, che si intitola infatti Incontri ravvicinati del terzo tipo.
Inizialmente, i miei amici della produzione pensarono che fossi matto.
Dicevano: non ha senso, cosa vuol dire?
Incontri ravvicinati del terzo tipo?
Ma che vuol dire?
La mia battaglia più accanita non fu quella per ottenere il finanziamento, perché dopo Lo squalo erano tutti pronti a investire nel mio prossimo film, ma per avere l'ok per il titolo dalla direzione marketing della Columbia Pictures.
Per quanto riguarda il casting per Incontri ravvicinati volevo attori che avessero ancora freschi i ricordi della loro infanzia. Richard Dreyfuss, era più bambino dei figli che cresceva nella sua casa fuori città. François Truffaut, anche nella vita reale, aveva un cuore di bambino. Era puro come nessun altro che io abbia mai incontrato in vita mia, nel senso che era in sintonia con le cose che rendono i bambini eternamente ottimisti.
Truffaut era quel tipo di persona.
Lo capii quando lo vidi recitare in il ragazzo selvaggio e in tutti i film da lui diretti.
Fu la mia prima scelta, anche se pensai ad altri attori nel caso avesse rifiutato.
All'inizio neppure lo chiamai. Esaminai molti attori finché trovai il coraggio di telefonargli chiedendogli se era disponibile a interpretare Monsieur Lacombe.
Il suo aspetto era in effetti fanciullesco. Quasi tutti nel film, salvo qualcuno dei militari di truppa avevano un atteggiamento cinico, tipico degli adulti induriti dalla vita.
Noi che abbiamo realizzato il film, invece, eravamo bambini e nel film abbiamo messo lo spirito dell'infanzia, credendo in cose senza senso, a cui solo i bimbi credono, perché per un bambino non serve che qualcosa abbia senso, se ci crede fermamente.
E poi c'è la musica. Ricordo che, quando scrissi il soggetto, lo feci partendo a ritroso.
Cominciai dall'atterraggio cercando di tornare indietro con la trama.
Come avevano fatto?
E come possiamo creare cinematograficamente un incontro ravvicinato fra loro e noi?
In un modo squisitamente musicale, perché l'idea della musica era qualcosa che già avevo in mente; e matematico, perché potrebbe essere un mezzo per comunicare con un'altra specie non terrestre. Pensavo che sarebbe stato grandioso se la matematica fosse stata essenzialmente musicale e se terrestri e alieni avessero potuto comunicare attraverso luci, colori e tonalità musicali.
Il compositore John Williams non ama leggere il copione quando faccio un film.
Preferisce guardare la singola ripresa e le sensazioni che ne ricava le trasfonde nel suo modo di lavorare e la sua musica è davvero celestiale.
La migliore che si possa avere qui. Deve aver fatto un patto col Signore della Musica!
In quel caso avevo bisogno di una preregistrazione del duello musicale tra il sintetizzatore e l'astronave madre. John ci passò un bel po' di tempo su quelle 5 note.
Come diceva John, non può suonare come una canzone né come un frammento.
In questo video che spesso viene rimosso, Steven dice che:
Quando ero molto più giovane credevo al fatto che fossimo stati visitati, ecco perché ho fatto Incontri ravvicinati del terzo tipo, perché ci credevo davvero.
Ci sono stati così tanti avvistamenti che qualcosa stava accadendo...
Dev'essere una via di mezzo tra un frammento e una canzone.
Non può essere di 7 note, come una canzone, ma nemmeno di 4.
Così decise, matematicamente, per 5 note.
Ricordo che un giorno andai a casa sua e lui mi suonò almeno un centinaio di combinazioni di 5 note, finché insieme trovammo quella giusta.
L'immagine che ho sempre portato con me, direi quasi a letto, come un flash da Incontri ravvicinati, l'immagine che sempre mi torna in mente è quella del ragazzino che apre la porta e di tutta quella luce arancione e gialla che si diffonde su di lui.
Quando ho ideato la ripresa e l'ho inserita nella sceneggiatura, l'ho fatto perché era altamente simbolica di ciò che solo un bambino può fare, cioè fidarsi della luce.
Capite, aprire una porta, quando un adulto correrebbe a nascondersi gridando non aprire, anzi di chiuderla a chiave, perché fuori ci sono cose che non capiamo, cose che potrebbero ucciderci o trasformarci... Ma è invece l'ottimismo dell'infanzia nel gesto di aprire la porta e la luce avvolge tutto. La luce racchiude tutti i colori, mentre il nero è assenza di colore.
Quella luce era qualcosa che quel bambino voleva conoscere meglio.
Per me, quindi, Incontri ravvicinati è, tematicamente, la storia di tutti i bambini che aprono porte su meravigliose fonti di luce. Nel 2007, nel 21° secolo, la gente purtroppo interpreta in maniera diversa l'atto di aprire una porta.
Ma negli anni Settanta, aprire una porta alla curiosità era un'esperienza sicura, qualcosa che noi tutti avremmo voluto fare nella nostra vita.