Marina Popovich ( Mari'na Lavre'ntievna Popo'vich ), nata Vasi'liyeva, nato il 20 luglio, 1931 in Leonenki, Smolensk Oblast è un ex colonnello sovietico dell' Air Force e il leggendario pilota collaudatore che detiene 107 record mondiali impostati su oltre 40 tipi di velivoli dell'aviazione . Lei è uno dei piloti più famosi della storia russa è uno dei piloti più importanti di tutti i tempi. Marina Vasilieva divenne un pilota dell'Air Force sovietico nel 1964, un pilota collaudatore militare. Ha scritto 9 libri e 2 sceneggiature.
Tra i molti altri premi, è stata premiata come Eroe del Lavoro Socialista, l'Ordine del Coraggio ( presentata personalmente da Vladimir Putin nel giugno 2007 ) e una stella nella costellazione del Cancro porta il suo nome.
Il libro sostiene che il contatto con civiltà extraterrestri sono di lunga data.
Per migliaia di anni hanno creato sulla Terra un sacco di oggetti, che formano un sistema di trasmissione di informazioni. Tutti si distinguono per singoli e simboli sconosciuti alla produzione delle tecnologie dell'informazione l'umanità ...
ETC avvertono che l'indebolimento del campo magnetico terrestre ha raggiunto un valore critico, e minaccia la vita del genere umano. Istruzioni per l'Intelligenza Extraterrestre in cerchi nel grano indicano come uscire da cataclismi globali che inizierà molto presto.
Questa edizione espone il fenomeno UFO con una vasta gamma di fotografie a colori che illustrano gli UFO, alieni e elementi correlati al fenomeno UFO, più numerose testimonianze rilasciate dai testimoni degli avvistamenti.
❖ Marina Popovich e gli UFO
Marina Popovich è stata esplicita sulla realtà UFO. Ha scritto un libro intitolato Glasnost UFO ( pubblicato nel 2003 in Germania ) e tenuto conferenze pubbliche e interviste.
Ha detto più di 3000 avvistamenti UFO da sovietici piloti militari e civili.
Anche se le qualifiche che le sue dichiarazioni non sono ufficiali, lei dice che il Soviet Air Force e KGB hanno frammenti di cinque UFO schiantati in loro possesso.
I siti citati sono stati gli incidenti di Tunguska 1908, Novosibirsk, Tallinn / Estonia , Ordzhonikidze / Caucaso , e Dalnegorsk 1986.
La Popovich ha dichiarato che i detriti che sono stati analizzati portano ad un' unica risposta, che non sono prodotti sulla Terra con la tecnologia terrestre.
Nel 1991, ha anche visualizzato quello che lei afferma nell' l'ultima foto scattata dalla sonda russa Phobos 2 , prima che perdessero il contatto con la Terra prima di scomparire.
Questa foto mostra una figura inspiegabile cilindrica, che potrebbe essere un artefatto.
Alfred Webre, uno dei ricercatori UFO e promotore del Disclosure Project sugli UFO, ha intervistato nel mese di Maggio 2014 la Cosmonauta Marina Popovich.
Gli appassionati ed esperti UFO la ricorderanno per la sua battaglia del Disclosure UFO in Russia, relativa all’incidente delle sonde russe Phobos 1 e Phobos 2 dirette su Marte e abbattute da un UFO a forma di sigaro, prima di arrivare su una delle 2 lune marziane, appunto Phobos. Marina Popovich, soprannominata “Russian Chuck Yeager”, è famosa nel mondo dell’aviazione sovietica e possiede 17 documenti circa la missione segreta delle sonde Phobos 1 e 2 con altrettante fotografie delle astronavi aliene avvistate e fotografate dalle stesse sonde prima di essere abbattute.
La Popovich, ( 82 anni ), che ho potuto conoscere telefonicamente nel 2004, grazie ad un’amica giornalista dell’ANSA a Mosca, era stata da me invitata per partecipare ad un convegno dedicato alla presenza UFO nello spazio, ma purtroppo, per via di problemi legati al visto del passaporto per raggiungere il nostro paese, non era potuta venire a raccontare la storia dell’ipotetico abbattimento delle sonde russe da parte di un UFO sulla luna di Phobos.
Marina Popovich è un ex colonnello sovietico dell’ Air Force e leggendario pilota collaudatore che detiene 107 record mondiali impostati su oltre 40 tipi di velivoli dell’aviazione.
Lei è uno dei piloti più famosi della storia russa è uno dei piloti più importanti di tutti i tempi.
Recentemente Alfred Webre l’ha intervistata e ha promesso che tra Settembre e Ottobre 2014, si recherà negli Stati Uniti per partecipare ad una conferenza ufficiale nella quale annuncerà la personale decisione di schierarsi a favore del Disclosure Project sugli UFO e favorire il rilascio di tutte le informazioni riguardanti la presenza extraterrestre sul nostro pianeta, ma soprattutto parlare una volta per tutte dell’incidente su Phobos.
In questa occasione, sarà accompagnata da 2 colleghi astronauti americani che la supporteranno in questo tentativo di approccio sia con il governo e con il Congresso americano, affinché decidano finalmente di rivelare pubblicamente la verità sugli UFO.
❖ L'incidente delle sonde Phobos 1 e 2
Nel luglio del 1988, i russi lanciarono in direzione di Marte 2 sonde scientifiche senza uomini, la "Phobos 1" e la "Phobos 2", con l’obiettivo principale di studiare la misteriosa luna del
Pianeta Rosso. Il contatto con “Phobos 1 ” sfortunatamente si perse dopo 2 mesi di viaggio, a causa ( questa la spiegazione ufficiale ) di "un comando radio sbagliato".
Anche il contatto con "Phobos 2" si interruppe in circostanze misteriose: ma non prima che la sonda inviasse alcune immagini e dati del pianeta Marte.
"Phobos 2" era arrivata a destinazione nel gennaio del 1989, e si era collocata in orbita intorno a Marte, preparandosi alla sua missione primaria: trasferirsi in un’orbita "in tandem" con Phobos
per esplorare la piccola luna con sofisticati equipaggiamenti, fra i quali 2 capsule strumentali, che dovevano essere piazzate sulla superficie della luna stessa.
Tutto andò bene fino al momento in cui "Phobos 1" ( la sonda ) non si allineò con Phobos ( la luna ). In quel momento, il 28 marzo, il centro di controllo della missione sovietica improvvisamente
e senza preavviso cominciò ad avere "problemi di comunicazione" con la navicella. L’agenzia di stampa ufficiale sovietica ( all'epoca esisteva ancora l’URSS ), la TASS, riportò in un comunicato
che la sonda "aveva perso il contatto con la Terra dopo aver completato una serie di manovre attorno alla luna di Marte, Phobos.
Gli scienziati non sono stati in grado di ripristinare il collegamento radio".
La prima foto è stata resa pubblica il 22 novembre 1991 alla trasmissione Larry King Live, quando il direttore del Centro Studi UFO Don Ecker, apparso in mostra con l’autore Keith Thompson, ha
detto che l’UFO catturato dalla macchina fotografica di Phobos 2 aveva una lunghezza stimata in circa 15 miglia.
Molte polemiche circondano l’ultima foto scattata da Phobos 2 ( vedi sopra ) la foto sembra mostrare un lungo oggetto sottile, appena sotto la luna Phobos. Le stime lo danno di
dimensioni e lunghezza di parecchi chilometri.
Tuttavia, i critici dicono che l’oggetto potrebbe essere altro, anche un artefatto della fotocamera, dal momento che molte immagini della fotocamera stessa hanno mostrato delle linee di artefatti che molto probabilmente sono dovute alla trasmissione.
Queste striature bianche sono simili all’oggetto spaziale non identificato.
Di seguito potete osservare la sequenza delle immagini scattate dalla sonda russa prima della sua scomparsa.
Eppure, molti sostengono che l'immagine mostra un UFO.
La fotografia sopra è stata rivelata nel Dicembre 1991 da Marina Popovich.
Lei sostiene che la fotografia gli è stata data dal cosmonauta Alexei Leonov, che fu il primo uomo a camminare nello spazio e anche un alto funzionario del programma spaziale sovietico e che lei aveva ceduto ad altri ricercatori "di contrabbando" fuori dell’ex Unione Sovietica. Secondo Marina, le foto trasmesse dalle sonde, mostrano chiaramente un UFO ( o Astronave Aliena ) sospesa vicino alla luna Phobos, ed è "il primo documento fotografico mai trapelato di una Alien Mothership ( nave madre aliena ) nel sistema solare".
Dice che questo è stato a quanto pare la causa della scomparsa della sonda Phobos 2, ovvero questo oggetto alieno avrebbe sparato un raggio contro la sonda Phobos distruggendola.
È stata tra i migliori piloti di tutti i tempi, un’eroina dell’unione sovietica che ha frantumato centinaia di record di volo.
Si è spenta oggi a 86 anni Marina Popovich, pilota dell’aviazione sovietica e detentrice di centinaia di record aeronautici. Wired Italia l’ha incontrata qualche mese fa nella sua casa alla Città delle Stelle, vicino Mosca. In quella che è di fatto la sua ultima intervista, Marina Popovich ci ha raccontato la sua straordinaria vita. La pubblichiamo integralmente qui sotto.
Si dice che il cielo sia il limite. Ma la vita di Marina Popovich, “Madame Mig”, come la chiamavano negli anni della cortina di ferro, è una vita che coi luoghi comuni ha ben poco a che vedere. Per conoscerla, è più utile uno dei mille aneddoti che la riguardano: è il 1950, non ha ancora vent’anni. Una mattina si presenta all’aerodromo di Tušino, a Mosca, con una dichiarazione firmata da Kliment Vorošilov, presidente del Presidio del Consiglio Supremo dell’Unione Sovietica. La lettera – ottenuta pochi giorni prima su indicazione di Nikolai Kamanin, già eroe nazionale e futuro selezionatore dei cosmonauti, quelli che alla faccia degli Stati Uniti raggiungeranno lo spazio per primi – comanda che la ragazza sia sottoposta ai test di volo per l’ammissione all’aeronautica militare.
Dopo la fine della guerra, quando i reggimenti d’aviazione costituiti da donne erano solo tre, l’indicazione per le compagne è di partorire i futuri assi del cielo, non di farne parte.
Ma Marina Popovich, nata Vasiliyeva il 20 lugliodel 1931 a Leonenki, in Russia, la pensa in modo diverso. Oggi, a 67 anni di distanza, è una leggenda dell’aviazione, Eroe del lavoro socialista e Ordine del coraggio assegnatole nel 2007 da Vladimir Putin.
È la prima donna ad aver superato il muro del suono, nel 1964.
Vanta 102 record stabiliti su 40 tipi di velivoli diversi in 5600 ore di volo.
Una stella a suo nome nella costellazione del Cancro.
Quando le si chiede di presentarsi, però, dice tutt’altro.
Signora Popovich, lei come si definirebbe quindi?
Marina Popovich:
sono una poetessa, un’ingegnere e un’ex pilota di classe uno.
Come è iniziato tutto? Come andò quella mattina a Tušino?
Marina Popovich:
dopo 24 mesi di rifiuti da parte dell’accademia mi presentai all’aerodromo con la lettera di Vorošilov. E quando arrivai mi si gelò il sangue.
Perché?
Marina Popovich:
sulla pista, per l’esame, c’erano tre Yak, apparecchi ben diversi da quelli su cui avevo imparato a volare a Novosibirsk. 15 minuti prima del test, con l’aiuto di un altro candidato, scrissi su un foglio le tecniche di pilotaggio di quell’aereo sconosciuto, le velocità di decollo, i parametri delle figure acrobatiche. Poi, quando arrivò il generale Balashov, l’esaminatore, gli chiesi un cuscino.
Un cuscino?
Marina Popovich:
sì. Con i miei 160 centimetri d’altezza non arrivavo alla pedaliera dell’aereo. In tutta risposta Balashov mi chiese se volessi anche una bambola, per mettermi a mio agio.
Ma non ne ho mai avute e glielo dissi. Quindi, sistemato il cuscino, decollai.
Feci tutte le manovre richieste, mi spinsi anche a un avvitamento e poi atterrai.
Un rientro rivedibile, a essere onesti»
Andò bene?
Marina Popovich:
balashov mi diede il massimo dei voti. “Soprattutto perché questo aereo lei non l’ha mai visto prima”, disse, lasciandomi di stucco. Gli domandai come lo sapesse:
“Se no avrebbe sistemato la pedaliera, è regolabile”, rispose ridendo.
Da quel momento ero un cadetto dell’aeronautica sovietica. E la ragazza più felice del mondo.
Perché tanta determinazione?
Marina Popovich:
volevo vendicarmi e al maresciallo Vorošilov, quando gli chiesi la lettera di presentazione, lo dissi chiaramente.
Vendicarsi?
Marina Popovich:
tutto quello che ho vissuto arriva dal cielo. Come gli aerei nazisti che nel ’41, quando avevo 10 anni, attaccarono Velizh, dove vivevamo. Sono certa scendessero in picchiata per essere più precisi con le bombe. Rasero al suolo villaggi interi. Quindi occuparono tutta la zona, facendo rastrellamenti in moto e uccidendo chiunque tentasse la fuga. Ricordo quando un aereo uccise una donna che portava l’acqua dal pozzo. Aprì il fuoco due volte, la seconda quando lei era già a terra, per assicurarsi fosse morta. In quel preciso momento decisi che proprio dal cielo mi sarei vendicata. Capii che solo dominandolo, dall’alto, avrei potuto proteggere la mia famiglia. Questo dissi a Vorošilov; per me era un’ossessione.
Come arrivò ad arruolarsi?
Marina Popovich:
dopo che i tedeschi incendiarono un villaggio accanto al nostro, la mia famiglia decise di scappare. Partimmo per la Siberia, alloggiando prima nel cimitero di Ojash, visto che per gli sfollati non c’era altro posto, per arrivare due mesi dopo a Pushkarivka.
Da lì a Novosibirsk.
Dove decise di iscriversi all’istituto aeronautico…
Marina Popovich:
...a dire il vero a una scuola per saldatori, perché l’anno precedente, avendo preso la malaria, i miei voti non erano abbastanza buoni per l’aviazione.
Quando il mio nome non comparve fra gli ammessi ai corsi di pilotaggio diedi di matto.
Solo Igor Karpinskij, che nella zona era un aviere piuttosto noto, riuscì a calmarmi, promettendomi che mi avrebbe insegnato a volare al vicino aeroclub.
Fu proprio così. Ricordo il mio primo decollo in solitaria come fosse ieri.
La sua vendetta si sarebbe realizzata.
Marina Popovich:
tutt’altro; mi torna distintamente alla memoria la gioia che volare da sola, manovrando un velivolo come fosse una parte di me, seppe regalarmi. In quel momento la rabbia che mi aveva trascinato per anni, anche dopo la guerra, svanì di colpo.
Fu sostituita da un senso di responsabilità profondo, quasi solenne, nei confronti delle persone che potevo e dovevo proteggere. Dando sempre il meglio di me.
Alzando, giorno dopo giorno, le mie aspettative. Per questo, una volta diventata pilota, il mio obiettivo fu subito un altro: avrei testato gli aerei migliori che i nostri ingegneri avessero costruito. Dovevo diventare collaudatrice. Ce la feci otto anni dopo, passando in 24 mesi dalla terza alla prima classe. La più alta.
Quali ricordi ha della sua lunga carriera di collaudatrice?
Marina Popovich:
i più cari non sono legati a me, ma al mio diretto superiore, il colonnello Vasilij Gavrilovic Ivanov. Era una celebrità, bastava dire “VG” e tutti sapevano a chi ci si riferisse.
Due storie basterebbero per descriverlo: un giorno gli diagnosticarono dei calcoli renali, qualcosa per cui si rischia l’esclusione ai voli. Chiese a un motociclista di portarlo tutto il giorno su dossi e cunette, fino a finire la benzina un paio di volte.
La sera il calcolo era sparito. Un’altra volta ebbe un’avaria al motore a 1000 metri da terra. Avrebbe potuto eiettarsi, ma così nessuno avrebbe capito i motivi del guasto.
Decise di atterrare sul carrello, per salvare la scatola nera.
Tranciò due piloni dell’elettricità e miracolosamente evitò la cosiddetta “frustata”, il rimbalzo che 9 volte su 10 distrugge l’aereo. Quindi uscì dall’abitacolo, si tolse il casco e ci infilò un mazzo di tulipani colto sotto la carlinga.
Un azzardo…
Marina Popovich:
...no, un uomo che aveva riconquistato la vita. Quei tulipani li portò a me:
“Sono per lei, Marina, mi disse, si può fare atterrare un aereo con un motore non operativo.
Io e questi fiori ne siamo la prova”. Ancora una volta fu il cielo a cambiare le mie prospettive.
Spingersi oltre, percepire il limite come un nuovo punto di partenza.
Non è come dirlo o scriverlo: fra gli anni ’50 e ’60 i collaudatori di velivoli sperimentali morivano al ritmo di uno la settimana. Gli aerei di Marina Popovich presero fuoco due volte in volo. La prima si salvò non si sa come dopo essere precipitata.
La seconda, nel ’66, a bordo di uno Yak 25, riuscì ad atterrare con un motore fuori uso e quasi senza carburante. A riceverla una delegazione intera: aveva appena superato di 244 chilometri il record mondiale di percorrenza, che era americano. Già durante gli studi aveva incontrato l’uomo che avrebbe sposato. Era un cadetto anche lui.
Al primo appuntamento gli aveva regalato un mazzo di margherite, il fiore degli aviatori, colte accanto alla pista di Novosibirsk. Pavel Popovich era rimasto così colpito dal gesto, che più di 10 anni dopo, il 12 agosto del ’62, avrebbe portato quel bouquet, fatto essiccare, sulla Vostok 4, in orbita. Poco dopo il matrimonio, Marina e Pavel furono trasferiti alla nascente Città delle Stelle, vicino Mosca. Iniziato il programma di reclutamento nel maggio 1959, superarono entrambi la selezione dei primi astronauti. A quel punto, per Marina, il confine da raggiungere divennero le stelle.
Il suo lavoro era fra i più pericolosi. Ebbe mai paura?
Marina Popovich:
un collaudatore non può averne. Il suo obiettivo è portare l’aereo al limite, carpirne i segreti e spiegarli agli altri. Non lo fai per te, ma per chi piloterà dopo e per le persone sopra le cui teste voli. La priorità non è la tua sicurezza, ma la loro.
E temette mai per suo marito, una volta destinato allo spazio?
Marina Popovich:
eravamo certi che gli ingegneri, soprattutto dopo alcuni incidenti all’inizio del programma, avessero tutto sotto controllo. E così era. Peraltro cosa avrei dovuto temere?
Un lancio nello spazio era meno complesso del collaudo di un aereo sperimentale.
Cosa che non mancai mai di ricordare a Pavel: cantava meglio di come pilotasse.
Aveva una voce bellissima.
Invidiava a suo marito il fatto che sarebbe stato in orbita?
Marina Popovich:
al contrario, ero orgogliosa. E sicura che l’avrei seguito; il progettista capo del programma spaziale Sergej Korolëv e Kamanin non mi avevano ancora chiamata perché moglie di un cosmonauta, o per chissà quale motivo, pensavo.
Ero un collaudatore di prima classe, pilotavo ogni giorno le macchine volanti migliori del paese. E, detta tutta, non so nemmeno se ci avrei rinunciato per fare qualche giro attorno alla Terra.
Che cosa pensò quando fu noto che la prima cosmonauta, il 16 giugno ’63, sarebbe stata Valentina Tereškova, paracadutista dilettante e operaia tessile, e non la migliore pilota sovietica? Risulta peraltro che lei avesse superato brillantemente i primi test.
Marina Popovich:
passai la prima selezione, ma non fui ammessa fra le 5 finaliste annunciate nel febbraio 1962.
Nessuno mi spiegò mai perché. Si dice abbia deciso Nikita Krusciov in persona: riteneva perfetto lanciare nello spazio una lavoratrice senza particolari competenze di volo.
Avrebbe dimostrato la superiorità tecnologica e sociale dell’Urss.
Pochi giorni dopo l’atterraggio, il 22 giugno, Valentina Tereškova fu nominata Eroe, come Yuri Gagarin due anni prima; le fu dedicato un francobollo e nel 1966 fu ammessa al Soviet Supremo. Lei come la prese?
Marina Popovich:
continuai serenamente a lavorare. Ripresi anche a studiare per diventare docente universitario. Per quanto fossero notizie riservate, sapevamo che il volo di Tereškova non era stato strepitoso. Non per colpa sua, sia chiaro. Ma nei tre giorni in orbita si sentì male (ai tempi, non si conoscevano gli effetti di una prolungata assenza di peso, ndr) e durante l’atterraggio si ferì. La notizia peggiore fu che Korolëv impose che nessun’altra donna venisse più lanciata.
Fu quello a diffondere il malcontento.
In effetti la seconda cosmonauta, Svetlana Savickaja, decollò solo 19 anni dopo.
Tornando a lei, è vero che a escluderla fu il fatto di avere una figlia?
Sembra che suo marito e Gagarin non volessero che una madre potesse rischiare la vita.
Marina Popovich:
se Pavel c’entrò, non me lo disse. Nemmeno Kamanin lo ammise mai.
Credo sia stato Yuri a opporsi… (fa una pausa. I suoi occhi di colpo si fanno liquidi, ndr)
Pavel? Chissà. No, più di tutti credo fu Gagarin.
Più di tutti; pochi anni dopo lei e suo marito vi separaste…
Marina Popovich:
avevamo comunque vissuto anni bellissimi. Ci siamo semplicemente allontanati.
Diciamo che il mio lavoro richiedeva un po’ meno disinvoltura del suo.
È una leggenda dell’aeronautica; ha rimpianti?
Marina Popovich:
nessuna leggenda; ci sono stati e ci saranno piloti migliori di me.
Sono però orgogliosa di essere diventata una collaudatrice di prima classe.
C’è un detto giapponese che amo: “Se nella tua vita non hai incontrato difficoltà, esci e comprale. Solo affrontandole potrai dirti uomo”. Sono sopravvissuta alla malaria, alla carestia, alla guerra; poco prima di iniziare l’accademia rischiai di non poter più pilotare per un assideramento. Rimasi 5 mesi in ospedale. Eppure, ho volato tutta la vita. Sa qual è il segreto?.
Prego.
Marina Popovich:
La pazienza. Che con l’impegno può portare ovunque.
Davvero niente che vorrebbe fare e non ha fatto?
Marina Popovich:
andare sulla Luna, guardare anche il mio cielo dall’alto.
E non escludo che lo farò. Ho pazienza.